WHITE GOD – SINFONIA PER HAGEN

 

-di Kornél Mundruczo, Ungheria 2014, durata 119 minuti –

 

La bestialità dell’umano –

A CHI? A docenti con coraggio/a studenti dai 14 anni in su che idoleggiano la forza e la usano per danneggiare

PERCHE? Per fare un sano bagno nelle acque torbide della bestialità pura che rovina chi la agisce e chi la subisce e lascia un vuoto di umanità che spezza ogni speranza. Ma l’educare può fare molto ….

IL FILM: Una Budapest cinica, maestosamente nasconde tra i suoi immensi edifici la esile ragazzina che, in compagna del suo cane, Hagen, è costretta dalla madre che parte, a stare con il padre, uno spigoloso, un intollerante, un sordo affettivo. La giovane suona la tromba, ama il suo cane che il padre non vuole, che la società non vuole: una nuova ordinanza obbliga i proprietari di cani meticci a pagare una tassa; in città sono ammessi solo i cani di razza. Il white God del titolo, il Dio bianco, con un’allitterazione diventa anche il white Dog, il cane bianco, quello puro, con tanto di pedigree tatuato sui documenti. Hagen non è bianco, non è puro quindi viene rigettato in mezzo a una strada. E’ facile a questo punto generalizzare la metafora dell’esclusione dei cani bastardi e ampliarla all’esclusione della bastardaggine come concetto di incrocio, di misto, di lontano, di debole, di storto, di altro che va cacciato, espunto, espulso, estirpato dalla faccia della terra, da quella faccia della terra che si crede perfetta. Perché se un uomo arriva al punto di avvicinare un cane che lo guarda con il profondo del rispetto, a fargli trangugiare dei sonniferi, ad affinargli i denti con una lama, a bastonarlo a sangue, spaventarlo, torturarlo fino a farlo trasudare rabbia, tanta rabbia che gli servirà per attaccare e stracciare il collo ad altri cani, se un uomo si spinge a questo per avere in cambio quattro soldi, allora non è un uomo e non è neppure un cane. La tracotanza indifferente di una umanità che ha dimenticato sé stessa è messa in scena con esibito compiacimento in questo film dove, però, chi è stato violentato si ribella. E così fiumi di cani cattivi, molto cattivi, di ogni colore e dimensione straripano per le strade, loro che la città voleva reprimere, sopprimere, affogare nel buio dei recinti della periferia, si riversano e riempiono ogni angolo, scorciatoia, buco della città con l’odio e l’aggressività necessari per vendicare le cattiverie subite. Tutti coloro che hanno fatto del male al cane Hagen vengono sanguinosamente deturpati fino alla morte, tutti. E così i cittadini sono costretti a scappare e nascondersi dai mostri che loro stessi hanno creato e che ora reagiscono e non guardano più con rispetto l’umano, non più. Ma quando la bocca feroce di Hagen si ritrova davanti la sua piccola amica, allora ferma per un secondo la sua foga vendicativa, ma non lo fa perché riconosce in lei la sua fedele amica, no. Anche lei è umana, come tutti gli altri. Però lei, come il pifferaio magico, si mette a suonare la tromba, suona davanti a una platea di centinaia di cani che adesso, sì, si abbandonano fiduciosi e stendono i corpi sull’asfalto in segno di tregua e anche la ragazza si stende davanti a loro, con la pancia per terra. E’ una pausa che durerà poco, ma è una pausa di amore. Da vedere sapendo che si vedono oscenità disturbanti che ricordano che il rispetto e l’amore sono urgenti proprio dove l’orrido della quotidiana violenza vuol fare a pezzi il senso del bene.

Cristiana La Capria

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Cristiana La Capria

Insegna appassionatamente lettere in una scuola secondaria di secondo grado. Si interessa di pedagogia delle differenze e studia il potenziale educativo di cinema e narrativa. Si occupa di formazione degli insegnanti. Scrive saggi e ultimamente testi di narrativa.

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