Racconti di Scuola

TALE BAMBINA TALE BAMBOLA

Sta spopolando anche in parecchie città d’Italia la bambola identica alla bambina che la possiede. Si chiama American Girl ed è disponibile in centinaia di versioni differenti; sono tante bambole che si distinguono e rivendicano la propria originalità in epoca di conformismo perché si offrono come non-uguali tra loro, le si possono trovare con le più disparate pettinature, con la pelle nera, gialla o bianca, con altezza e dimensioni più o meno variabili. Le destinatarie delle bambole sono bambine tra i sei e gli otto anni che hanno voglia di possedere un proprio clone, una bambina di plastica in miniatura che difficilmente altre possono avere perché lei, American girl, è l’esatto opposto dell’idea della bambola in serie. Le bambine in cerca di un’amica giocattolo si trovano davanti vetrine interminabili con in fila catene di bambole con occhi verdi o blu o castani e capelli ricci e rossi o biondi lisci che le dicono: io sono proprio come te, unica e irripetibile, scegli me. La bambola costa dai 30 dollari in su, una cifra non esorbitante; ad essere esorbitante è ciò che immediatamente dopo si trascina l’acquisto della bambola. Nel momento in cui una bambina, che qui chiameremo Paola, sceglierà, tra tante, come sua bambola la più simile a lei, allora le dovrà dare un nome, le darà il suo nome, la chiamerà in questo caso mini-Paola perché è la versione di sé stessa in dimensioni ridotte (non di molto). A questo punto le due nuove amiche – o sorelle – devono rendere la somiglianza la più perfetta possibile; per facilitare questo obiettivo, il multistore presenta un vasto assortimento di abbigliamento e di accessori sia per la bambina sia per la bambola che potranno uscire in strada vestite esattamente con gli stessi vestiti e anche con la stessa pettinatura, dato che è disponibile anche un salone di bellezza dove le bambole e le bambine vengono pettinate allo stesso modo. Ovviamente se la nostra Paola andrà al mare porterà con sé anche la sua mini-Paola che a sua volta porterà con sè in un’apposita valigia il costume, la maschera, la palla e il secchiello identici a quelli della sua amica in carne ed ossa. Per facilitare il senso di comunione tra bambina e bambola sono disponibili anche versioni di American girl in sintonia con la piccola cliente che abbia un braccio rotto o una gamba fratturata, ovvero bambole con un braccio fasciato o dotate di piccole stampelle o bende elastiche.

Siccome è davvero infinito il potenziale guardaroba di mini Paola, i nonni non dovranno più faticare a trovare il regalo giusto per la nipote: basta comprare un nuovo vestito a Paola e, mi raccomando, una versione identica a mini-Paola e il gioco è fatto. L’unico negozio di distribuzione di American girl è in centro a Manhattan, a New York, quindi i genitori della bambine in visibilio per questo ultimo ritrovato della tecnica commerciale devono fare un viaggio negli Stati Uniti oppure pagare la spedizione fino a casa. Comodo, no? American girl soddisfa perfettamente il classico desiderio narcisistico di avere un doppio, una versione di sé stessi maneggiabile, docile, da animare quando si ha voglia e da lasciare nell’angolo quando non se ne può più. La bambina, invece di imparare a relazionare con soggetti diversi da sé, invece di imparare a rispettare le differenze, gode nel vedere sé stessa duplicata e, in fondo, si ritroverà a giocare sempre e solo con ciò che è identico a lei. American girl ha un enorme successo proprio perché si offre come un’amica gemella irreale che, però, alla fine – tristemente – non riuscirà a colmare il vuoto di solitudine della sua compagna umana, ma sarà certo capace di svuotare le tasche dei suoi genitori.

 

Cristiana La Capria

 

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