Racconti di Scuola

CLASS ENEMY

di Rok Bicek, Slovenia 2013, durata 112 minuti –

 

Il lato tragico del banale

Applausi a questo film che rischia di brutto nel provare ad accostarsi ancora una volta, ancora come tanti altri film hanno fatto, ad uno dei mondi più parlati, più esaltati, maltrattati e appiattiti come è la scuola. Invece, straordinariamente, questo film riesce a stupire, solleva il tappeto dal pavimento e mostra quella polvere che non vogliamo più vedere, la polvere velenosa della banalità del bene.

 

 

A CHI: Assolutamente a chi nella vita vorrebbe fare l’insegnante e a chi già insegna nelle scuole a giovani adolescenti.

PERCHE’:per far parlare la nostra sbiadita coscienza di adulti che perdono di vista il senso dell’educare, che hanno perso l’allenamento -o non si sono mai allenati, a mettersi in gioco in una relazione di per sé rischiosa come quella che ha come controparte dei soggetti in età incerta. Per prendere atto che insegnare è difficilissimo, che bisogna prepararsi a educare al piacere e alla responsabilità, alla vita e alla morte – aspetti che contano molto di più delle discipline. Quindi, prima di iniziare solo a immaginare di volere diventare insegnanti, la domanda da farsi è: ce la faccio a reggere i colpi dell’imprevedibile ondeggiare del rapporto con la classe? Sono preparata a essere considerata la nemica della classe (“class enemy”) anche se credo di sapermi comportare bene? Ma cosa poi significa bene?

 

IL FILM: Il film è girato in Slovenia ma, a parte una battuta al riguardo, la classe, i docenti, gli alunni/e, le dinamiche relazionali potrebbero essere di qualsiasi altro paese occidentale. In uno spazio che per l’intera durata delle vicenda coincide con il chiuso di un edificio scolastico, avviene un nuovo incontro tra il gruppo di una classe di adolescenti del quarto anno e un docente di tedesco intervenuto a sostituire la collega che va in maternità. Immediatamente lo stile didattico e relazionale del docente neo arrivato stride con quello protettivo, morbido e comprensivo della docente titolare. Troppa severità, troppa distanza e impassibilità viene messa dal professore nelle lezioni e la tensione della classe sale fino ad esplodere quando una del gruppo si suicida. Come si fa a contenere un evento tragico? Quali azioni, comportamenti mettere in atto? La tristezza e la rabbia degli e delle adolescenti si sbizzarrisce e allora scatta la caccia al colpevole. Perché un’alunna è morta? La colpa è del nuovo prof che, invece di rispettare il dolore e il lutto, propone una verifica con a tema l’elaborazione della morte? la colpa è della prof precedente che è stata fin troppo accondiscendente evitando i conflitti e non insegnando la responsabilità? la colpa è della preside che non ha celebrato e rispettato abbastanza l’evento della morte dell’alunna? Ma la colpa potrebbe essere anche degli stessi compagni /e di classe che non hanno saputo ascoltare o cogliere i messaggi di sofferenza della suicida? Le pareti della scuola non sono impermeabili alla vita e alla morte, ciò che accade fuori dall’edificio entra dentro e non si può pensare che facendo le solite brave, semplici azioni come spiegare la lezione o ascoltare la lezione siano gesti sufficienti a evitarci di affrontare ben altre verifiche. A uccidere nella scuola è spesso il banale gesto quotidiano che non si interroga sulle possibili conseguenze o sulle alternative al solito stucchevole e forse vuoto senso del bene. Questo film riesce a mostrare la polvere del falso bene e lo fa senza ridondanze, senza retoriche pompose; lo fa restituendo gesti, sguardi e parole che possono causare una intelligente fitta allo stomaco. Da vedere per andare a scuola con una sana preparazione!

Cristiana La Capria

 

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