SONG’ E NAPULE

di Marco e Antonio Manetti, Italia 2013, durata 114 minuti

– Il lato bello del brutto di Napoli –

A CHI?  a docenti e ad alunne/i dai 12 anni in su.

PERCHE’? per ridere della comicità surreale eppure realissima che deriva da situazioni socialmente e politicamente tristi e per apprezzare semplicemente un buon intreccio che coinvolge, in chiave originale, tutti gli elementi fondamentali della narratologia.

IL FILM: A Napoli, ritratta con scatti fotografici penetranti, ci sono i buoni, i meno buoni e i cattivi. Quelli della polizia inseguono quelli della camorra e lo fanno per mezzo di quelli del mondo artistico. Un confetto dal sapore dolce amaro che mescola il genere poliziesco con il thriller e la commedia per una storia fatta di primi piani di paesaggi naturali e umani molto intensi. I protagonisti sono un cantante e un musicista che per caso si trovano insieme a presentare uno spettacolo di sound neomelodici a un matrimonio di gente camorrista, ridotta a poco più di una macchietta.  Per quelli che sono di Napoli, in particolare, non è un esercizio vacuo quello di rintracciare i luoghi comuni – inevitabili? – sulla napoletanità, perché l’esercizio spinge a riflettere sull’immaginario collettivo che vede la città come un cumulo di ignoranza, di furbizia e di bellezze sprecate. Ma all’orizzonte spunta anche un mondo creativo, intelligente, capace di coraggio, di legami. Una bella storia di amicizia e di amore raccontata su più piste narrative. L’ingenuità e la malizia vanno di pari passo sul lungomare di una città che non smette di turbare. E alla fine, anche il protagonista, un pianista diplomato al conservatorio che lavora in polizia, lui, quello più reticente al senso di appartenenza alla terra dove è nato, si metterà a dire: “Song’ e Napule”. Da vedere per intrattenere lo sguardo davanti a una realtà sociale e culturale afflitta dalla violenza intrecciata alla poesia del mare e alla speranza di chi la lotta per sopravvivere la fa ogni santo giorno. Molto interessante e per niente banale per una indagine sociologica da proporre a classi di scuole di Napoli e a classi di scuole che da Napoli sono molto lontane.

Cristiana La Capria

 

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Cristiana La Capria

Insegna appassionatamente lettere in una scuola secondaria di secondo grado. Si interessa di pedagogia delle differenze e studia il potenziale educativo di cinema e narrativa. Si occupa di formazione degli insegnanti. Scrive saggi e ultimamente testi di narrativa.

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2 risposte

  1. Marco Dallatomasina ha detto:

    Bella la metafora del “cumulo”. Come se Napoli fosse l’emblema dell’avrebbe potuto essere. Della nostalgia impossibile non di ciò che è stato ma di ciò che avrebbe potuto accadere e non accadde. La bellezza che traspare nella fotofrafia del film e si manifesta nella profonda umanità dei personaggi, fanno intuire cosa potrebbe essere qs città.
    Forse Napoli ha un grande futuro alle spalle!
    Speriamo di no!
    Un napoletano adottato

  2. Stefania Zambardino ha detto:

    non sono un’esperta di cinema, ma quando al Festival di Roma ho scelto di vedere questo film, sconsigliato dagli addetti ai lavori per troppa leggerezza, mi sono ricreduta sulle mie scelte. La leggerezza, il divertimento non sono esecrabili, anzi, in questo caso, come dice Cristiana, all’orizzonte, la realtà drammatica di Napoli ha squarci creativi, intelligenti e artistici che vanno indagati.

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