I MISERABILI

di Ladj Ly, Francia 2019, durata 100 minuti

 

La lingua della miseria

 

A CHI Agli adulti che vogliono seriamente interessarsi di educazione, a tutti gli adolescenti dai 15 anni in su.

PERCHÉ Per ascoltare il boato del malessere che gridano quelli – giovanissimi – che vivono al piano zero della società e per imparare che non è mai troppo tardi per cambiare. Almeno un po’.

LA STORIA Siamo nella sfera tremenda della periferia, zona Montfermeil, alcuni chilometri da Parigi. Qui abitano i miserabili. Chi sono? Intanto i poliziotti, una coppia affamata di rispetto che va in giro molestando i più deboli e facendo accordi con i più forti. E poi gli abitanti del posto, che succhiano il siero dell’illegalità e dell’irresponsabilità lasciando mucchi di bambini deprivati a zonzo per le strade. Quando alla coppia di poliziotti se ne aggiunge un terzo, uno con uno sguardo più sano sui comportamenti marcescenti dei colleghi, la storia si fa dominare dal caos. I poliziotti inseguono un ragazzino colpevole di furto, bande inferocite di minori si accalcano per difendere l’amico, allora quelli in divisa perdono il controllo e l’equilibrio si fracassa. Vede tutto un drone, telecomandato da un piccolo nerd che ora è nei guai.

I TEMI Il degrado sociale che infetta generazioni di umani, abbandonati a sé stessi, persi nel vortice di una rabbia che solo la violenza riesce ad esprimere. Conflitti complicati tra diverse etnie dove la legge della forza vince. Nessuna parola, nessuna relazione buona si intravede, l’educazione è fuori uso.

LO STILE Ispirato al senso più profondo de I miserabili di Hugo, il film parla la lingua della miseria umana attuale sintonizzandosi sulla radio della storia francese che allora come ora non smette di soffrire. Le prime inquadrature partono con un’ovazione che la folla dedica alla squadra francese il giorno il cui vince i mondiali. L’Arco di Trionfo si accende di gioia, tappeti umani ondeggiano accorpati al tripudio dell’inno nazionale; ma la colonna sonora di sottofondo ha tutto un altro suono, fa ribollire il ventre e annuncia una storia che non ha ancora un finale: ce lo dice l’inquadratura di chiusura che si imprime a fuoco nella memoria.

DA VEDERE Per uscire dal confine di casa nostra e riempirci di una storia che non possiamo far finta di non avere visto. Perché ci chiama anche il giorno dopo la visione. E anche quello dopo, e quello dopo ancora.

 

Cristiana La Capria

Cristiana La Capria

Insegna appassionatamente lettere in una scuola secondaria di secondo grado. Si interessa di pedagogia delle differenze e studia il potenziale educativo di cinema e narrativa. Si occupa di formazione degli insegnanti. Scrive saggi e ultimamente testi di narrativa.

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