FIORE

-Il fiore dei corpi interrotti  –

di Claudio Giovannesi, Italia 2016, durata 1h e 50 minuti

 

A CHI? Assolutamente a insegnanti e student* dai 14 anni in su

PERCHE? Per inzuppare lo sguardo nel succo vischioso di chi vive una adolescenza senza orizzonti, per provare il senso profondo dell’amore e del dolore

IL FILM La faccia di Daphne è molto bella, sta davanti alla mia faccia, non si scolla; vorrei allontanarla per un poco ma non posso, non ci riesco. Con gli occhi arrabbiati, le mandibole a macinare chewing gum, le mani sprofondate in tasca la ragazza passa il tempo a rubare iphone nella metropolitana. Senza famiglia, senza regole passa da una comunità all’altra fino a che le tocca il riformatorio. Dentro al carcere restiamo pure noi spettatrici, in quel posto disidratato, che assorbe le identità, toglie il piacere, addestra alla distanza, al silenzio, all’ordine. Ma dall’altro lato dell’edificio ci sono i detenuti maschi, uno di loro è Josh che con Daphne intreccia un legame cucito di sguardi rubati dalla finestra, di lettere nascoste, di parole sottovoce. Lei reagisce al richiamo, quello è il segnale del desiderio che si fa largo nel grigio dei corridoi stretti, tra gli spazi delle inferriate pesanti, sotto le lenzuola bucate; il desiderio dell’adolescenza è tutto qui, nella ricerca di un bacio, di uno sguardo amorevole, di un contatto di corpi che chiama, chiede, preme, spinge fino a esplodere. E’ anche desiderio del padre, dell’unico genitore rimasto, tanto amato, tanto lontano, un papà che una solidità non ce l’ha, che sta ancora sospeso sul filo dell’incertezza, alla ricerca di un equilibrio sopra la follia, come grida Vasco e la sua musica nelle orecchie della figlia. E allora? Non c’è orizzonte, nessuna costruzione di futuro per tutti quelli che devono vivere una vita deviante, affettivamente derubata, socialmente emarginata, economicamente dissestata. La traiettoria si disegna nel presente, nel qui e ora di una sigaretta, di un vestito indossato, di un rossetto spalmato, di una testata nel muro, di un materasso incendiato. Senza mezzi termini chi è adolescente privo di guida vive il male perché non conosce il bene, vive il dolore e prova a cercare l’amore e, quando lo prova, tutto lo squallore del circostante perde il suo peso. Ma l’amore basta? Quando vieni allevata da qualcuno che non sa farlo, quando vieni lasciata, quando vieni malmenata, non riesci a regolare le tue emozioni, non ti fidi di nessuno, non vuoi comunicare, non puoi studiare, hai paura di pensare, la risposta non è sicura; tutto questo lo dice la bella faccia di Daphne, la faccia depressa del padre, la faccia affinata di Josh. Le inquadrature si riempiono di primissimi piani, continui e ripetuti, dei due giovani carcerati che tengono fuori campo il punto di vista delle educatrici, dei genitori, di tutti gli altri adulti: noi spettatrici dobbiamo stare sul pezzo, entrare nel corpo di quegli adolescenti, nascosti dalle ombre dei tatuaggi, corpi che stanno nel fiore degli anni, ma sono asfissiati dal malessere. Lo sentite il loro desiderio? E’ vivo e vegeto, ma rischia un finale brutto. Da vedere per gioire di una regia architettata intorno al fiato di corpi giovanissimi che soffrono, ma sanno amare.

Cristiana La Capria

Per acquistarlo clicca sotto

Cristiana La Capria

Insegna appassionatamente lettere in una scuola secondaria di secondo grado. Si interessa di pedagogia delle differenze e studia il potenziale educativo di cinema e narrativa. Si occupa di formazione degli insegnanti. Scrive saggi e ultimamente testi di narrativa.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *