PAPA’ MAMMA E GENDER

Michela Marzano, Papà mamma e gender, UTET libri 2015

Teoria Gender: un presupposto fondamentale

Da una mia studentessa del quarto anno di liceo classico alle sue coetanee, ai suoi coetanei, alle loro mamme, ai loro papà e ai loro insegnanti.

Non accettare se stessi. Non capire cosa “non abbia funzionato”, cercare disperatamente un senso alla propria esistenza. Non vi è mai capitato?  Ogni essere umano consapevolmente o meno, vive la sua esistenza cercando di rientrare nei giusti “binari”. Nella maggioranza dei casi questo progetto fallisce miseramente. E allora ecco subentrare ansia, angoscia ,paura, rabbia e frustrazione per noi stessi, per il nostro corpo, per gli altri. Forse è un’utopia ricercare una catarsi, qualcuno con il soprannaturale potere di assolverci dalle nostre mancanze e colmare quel “vuoto che è il segno tangibile della nostra vulnerabilità e dei nostri limiti, quel vuoto che ,quasi certamente, non potrà mai del tutto essere colmato.” (Michela Marzano). Cerchiamo dunque l’accettazione dell’altro senza sapere che non è suo diritto concedercela. Nessuno deve “tollerare”, “condividere” o “accettare”: qualsiasi nostro modo di essere, la nostra identità ha un suo naturale diritto ad esistere in questo mondo. Questo è l’insegnamento che si reclama sia introdotto nelle scuole, prima che ci si sottometta volontariamente al giogo dell”intolleranza verso l’altro. Una condizione che opprime tutti, sia la “vittima” che il “carnefice”. La questione non è facile, e ciò che la rende cosi controversa è un fattore evidente: quando si considera l’identità personale, l’orientamento sessuale, l’accettazione di se stessi e della diversità entrano in campo fattori inferenti all’ambito del sentimento, che non si controlla e non si razionalizza con un discorso ben condotto. Ma come fare ad immaginare che la vita possa essere altro se nessuno ce lo spiega?   ecco dunque che nascono negli anni Novanta i primi studi sulla cosiddetta “teoria del gender”. Questi possono essere considerati una diversa sfaccettatura dei movimenti femministi, si sviluppano infatti con lo stesso fine: garantire uguaglianza tra persone indipendentemente dal sesso biologico e dall’ identità sessuale.  La pretesa è forse troppo ambiziosa: si tenta di fare chiarezza tra i concetti di “identità di genere”, “sesso biologico”e “orientamento sessuale”. Si parte dunque da un presupposto fondamentale: non confondere la sfera del “fare” con quella dell’ ” essere”. Michela Marzano con il metodo argomentativo che contraddistingue la sua scrittura si pone come scopo la destrutturazione delle “ argomentazioni anti-gender”, ricostruendo sapientemente  i processi storici e le basi concettuali da cui gli studi si originano. Tra gli oppositori, la scrittrice individua in prima linea le associazioni del cattolicesimo “di destra”( ProVita, AGE, Giuristi per la Vita) ma anche, e ciò sorprende ancor di più, associazioni quali  Azione Cattolica, che da sempre riunisce laici “impegnati a vivere a proprio modo l’esperienza della fede”. Queste associazioni attuano un vero e proprio programma di destabilizzazione che facilmente offusca con il pregiudizio la mente dei meno informati. Ciò è estremamente pericoloso: “le opinioni si possono discutere gli stereotipi restano immobili”. Non a caso chi sostiene “L’operato di Dio, che fece l’uomo e la donna” si ritrova molto spesso a corto di argomentazioni e tende a chiudere il discorso, non riuscendo a dirimersi nella sua stessa confusione mentale. Ciò che mi sembra paradossale è considerare persone che rivendicano il diritto ad amare, e seguire il proprio orientamento sessuale ed accettare la propria identità sessuale anche quando non sia coerente con il sesso biologico, (è questo il caso del transessualismo) come attentatori alla famiglia e qualora s si voglia ampliare il concetto, persino contrari ad ogni Dio. Non è chiaro il nesso logico tra riconoscimento di realtà esistenti e distruzione di quelle selezionate come “naturali”. Incasellare ed impacchettare tutto sotto denominazioni già note è certamente un’operazione molto semplice e rassicurante, ma non è possibile. E se proprio non si riesce ad accettare la realtà e si cerca qualcuno da accusare, non devono essere incriminati i sostenitori del gender, ma proprio quel Dio a cui ci si appella spesso a sproposito. Chi si batte in “difesa della natura di Dio” non comprende la profonda aporia dentro cui si costringe. L’omosessualità non è “un’azione sessuale”, non è un “scelta”, ma un modo di essere. La natura viene violata da chi non riconosce la propria cecità e si appella a tradizione e religione dimenticando che sono queste ad essere prodotti storico-antropologici. Il transessualismo, l’omosessualità, le discrepanze tra sesso biologico e identità di genere sono invece naturali, e chiedere che vengano riconosciuti come tali non ha nessuna tendenza distruttiva.  “Perchè mai infatti concedere qualcosa a qualcun altro toglierebbe qualcosa a chi già ce l’ha?”  La consapevolezza della naturalità di queste “diversità”, dovrebbe risiedere nella mente di ciascuno per sgombrare il campo dalle molte sovrastrutture, costruite per confondere e deviare.   Ecco dunque che risulta necessario rivedere il concetto “normalità”. “Ancora oggi si considera “normale” che la mamma metta il grembiule per cucinare e che il papà indossi giacca e cravatta per andare a lavoro”. Ciò porta ad un’ unica e naturale conseguenza: se sempre più persone non sono inquadrabili nei paradigmi da noi definiti, questi devono essere sicuramente rivisti e modificati. Sono le persone nei loro mille modi di esistere ad  essere “naturali”, non le categorie sociali o le etichette: “Il problema sono i ruoli di genere” . Un ragazzo non è omosessuale se veste in rosa, una ragazza non è mascolina se non mostra particolare propensione all’ ascolto e alla cura del prossimo. Una donna può scegliere di non avere figli, può essere naturalmente “childfree” senza per questo giustificarsi o dover compensare una mancanza, dimostrando un eccezionale talento in altri ambiti. Non si tratta dunque di scegliere a quale sesso appartenere, ma prendere consapevolmente atto di ciò che già si è, e pretendere a pieno diritto che questo nostro essere ( uomo o donna, eterosessuale o omosessuale) abbia gli stessi riconoscimenti giuridici.  Lo scopo è esattamente l’opposto di quel che si crede: evitare ogni forma di “reductio ad unum” e cercare invece di garantire ad ogni alterità pari valore.  Non si tratta di un capriccio, di una sciocca presa di posizione di chi vuole negare le differenze. Sono proprio queste che emergono e pretendono di essere legittimate. E’ necessario affrancare la donna da ogni sorta di determinismo biologico, polemizzando con chi vorrebbe afferire una serie di comportamenti alla sfera “maschile” e una al “femminile”. Comprimere l’alterità del mondo dentro limitati schemi mentali significa appellarsi ad una logica astratta che, come dimostra sapientemente Michela Marzano, è destinata a dissolversi di fronte ad un’argomentazione razionale, basata su solidi presupposti culturali. La necessità è ora una sola: imparare ad essere uomini ed essere donne in modi diversi ed egualmente conciliabili prima che sia necessario “imparare a convivere con le nostre fratture attraverso  la sofferenza”.

Diletta Pasqualini 4Ec Liceo classico Aristofane di Roma

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Stefania Zambardino

Docente di materie letterarie in un liceo romano, bibliotecaria, curatrice di una rubrica on line “Leggerete” di studi di genere, appassionata femminista umanista informatica, immersa nel mondo dei libri e degli ebook.

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Una risposta

  1. Cristiana ha detto:

    Diletta, complimenti. Apprezzo i ragionamenti che con la tua scrittura, ispirata dal testo di Marzano, hai condiviso su questo blog. Mai come oggi è necessario contestualizzare ma anche rivitalizzare il senso molteplice e fortemente liberatorio che il concetto di gender vuole e deve portare con sé. Questo tuo è un buon passo nella direzione giusta!

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