LETTERA A “UN GENITORE PREOCCUPATO”

  • dal dirigente scolastico Massimo Nunzio Barrella

– Ieri, 14 maggio 2019, un signore che dice di essere il genitore di una studentessa della scuola media “Matteo Ricci” di Milano dove insegno ha scritto, mantenendo l’anonimato, sul Corriere della sera una lettera in cui ha esibito roboanti lamentele contro la scelta della scuola di organizzare la festa di fine anno, evento che lo ha reso “un genitore preoccupato”. Il dirigente scolastico Massimo Nunzio Barrella ha risposto al genitore, la sua lettera è stata pubblicata sul Corriere di oggi, 15 maggio 2019.

Ritengo necessario condividere tale lettera (nella sua versione integrale) perché esprime pulsanti considerazioni sui rischi che corre ogni forma di educazione quando noi adulti non ne frequentiamo il significato, o lo abbiamo perso, o non lo conosciamo affatto. Questo causa fratture e non sinergie, le uniche a vincere in ogni patto educativo. Buona lettura …

 

Gentile dott. Schiavi,

mi chiamo Massimo Nunzio Barrella e sono il Dirigente scolastico che – secondo un “padre preoccupato”, ma io aggiungo anche triste e molto disorientato – ieri Le ha scritto che io avrei dato il deprecabile “avallo” ad una festa di fine anno della scuola “Media Ricci” di Milano, ritenuta da tal signore un evento che provocherebbe, già da settimane prima, “effetti devastanti sulla vita scolastica” e dunque sugli allievi. Questo genitore, che non ha il coraggio di firmarsi, getta fango su una scuola d’eccellenza e sull’ottimo lavoro dei docenti. Rincarando la dose, il padre apocalittico e peripatetico (per darsi un tono, cita il motore immobile), tentando di mascherare il vuoto di pensiero sull’educazione, chiede con pomposa retorica se il corpo docente, io (il preside) e il Provveditore sappiamo se “il motore immobile di tale frenesia collettiva” sia quella di “farsi notare”. Farsi notare? Quale pregiudizio è in grado di oscurare a tal punto la mente di una persona?

 

Vero è che il sonno della ragione partorisce mostri, ma qui mi pare che si tratti di uno stato comatoso del buonsenso.

La verità è che la scuola si fa carico anche del lavoro educativo, che prima di ogni cosa spetterebbe alle famiglie. Facile sparare sulla scuola, sui presidi e sui docenti. Del resto la cronaca lo testimonia. Tutti si sentono legittimati a denigrare i docenti e i presidi, trasformati in capri espiatori. A volte le prendiamo anche, nel senso letterale e si finisce al Pronto Soccorso. Tanti genitori non vogliono vedere la trave nel proprio occhio, non hanno il coraggio di affrontare la questione educativa, anzi non sanno che cosa sia oppure non si pongono il problema. Questa è la verità.

 

Ecco perché poi su un’innocua e sacrosanta festa di fine anno degli alunni  si evoca addirittura la sciagura degli “ormoni in subbuglio” dei ragazzi, degli “acquisti impazziti delle famiglie”.

Insomma, una legittima e sana festa di fine anno viene dipinta come una sorta di sabba satanico, che porterebbe al delirio e alla perdizione gli alunni e i loro stessi genitori, schiavi di un consumismo patologico e di un edonismo senza freni. Il “genitore preoccupato” si sente puro, immacolato e si erge a giudice moralista dei dannati. Neppure una frase in cui rivela di mettersi in discussione. Forse sarebbe il caso. Non può fare tutto la scuola.

Come si può non rimanere allibiti di fronte a una lettera così sconclusionata e priva di ragioni vere, che scredita ingiustamente il serio lavoro di un’intera comunità scolastica, impegnata con tutte le sue forze alla formazione integrale della persona?

 

A questo signore – poveretto – vorrei ricordare tre concetti educativi che mi stanno a cuore:

 

1) Il momento della festa di fine anno scolastico esiste perché prima vi è stato un cammino di lavoro serio e faticoso dei docenti e degli allievi. La festa costituisce il culmine di una fatica e di sacrifici vissuti dalla comunità scolastica: restituisce e pone in evidenza il senso di tutto ciò che si è vissuto nel corso dell’anno. I giovani hanno sete di un senso. Che cosa sarebbe la vita priva di una festa, religiosa o civile che sia? Sarebbe un deserto privo di umanità, in preda ad una insignificanza, questa sì devastante e insopportabile.

 

2) Per come la vivo io, ogni avvenimento tra le pareti scolastiche ha sempre un significato educativo. Tutti i gesti, compresa la festa di fine anno, contribuiscono alla formazione culturale, civile, umana dei giovani, aprendo la loro ragione a tutti gli aspetti della realtà. Questa è per me educazione, che non ha paura di nulla, che non ha bisogno di censurare nulla, soprattutto il desiderio di felicità che alberga nel cuore dei giovani e che alcuni adulti vorrebbero soffocare con il loro cinismo o con un moralismo soffocante.

 

3) La lettera di questo “padre preoccupato” tradisce una questione profonda, che meriterebbe maggiore spazio sui quotidiani: tra gli adulti manca un’idea di cosa sia l’educazione. Su questo fronte vedo tutti i giorni molti genitori smarriti. Il fatto che non si riesca a comprendere le ragioni di una semplice festa scolastica di fine anno, la dice lunga sul necessario cammino che noi adulti siamo chiamati ad affrontare per educare i giovani. Questo è il tentativo e l’ideale che ogni giorno tanti presidi e docenti coltivano con fatica: accompagnare i giovani in un cammino formativo ricco di senso e di gusto del vivere. Ci sono ancora tante luci in questo buio. Basta volerle guardare.

Grazie per l’attenzione.

 

Massimo Nunzio Barrella

 

Cristiana La Capria

Insegna appassionatamente lettere in una scuola secondaria di secondo grado. Si interessa di pedagogia delle differenze e studia il potenziale educativo di cinema e narrativa. Si occupa di formazione degli insegnanti. Scrive saggi e ultimamente testi di narrativa.

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